Focus Tecnici

Reologia e Proprietà Fisiche

  • Reologia

    Branca della fisica che ha come scopo la descrizione, la spiegazione, la misura e lo studio dei fenomeni meccanici che avvengono nei materiali quando questi vengono deformati.
    In questo senso, la reologia studia la deformazione e il flusso dei materiali.

    Obiettivo primario di uno studio reologico di un materiale è quindi la ricerca di una relazione che ne definisca il comportamento meccanico.
    Essa viene usualmente indicata con il nome di equazione costitutiva o anche equazione reologica di stato del materiale considerato e lega tra loro le grandezze dinamiche (sforzo) a quelle cinematiche (deformazione).

    E’ possibile classificare la natura di un materiale (liquido, semisolido o solido) in base alla sua risposta a seguito di una sollecitazione esterna. Il materiale può scorrere, deformarsi parzialmente o non deformarsi.
    Al termine della sollecitazione esterna possono verificarsi tre risposte da parte del materiale in oggetto:

      1. Una deformazione continua, infinita, non più recuperabile: il materiale scorre (liquido)
      2. Una deformazione che permane totalmente o parzialmente al cessare della sollecitazione: materiali plastici o viscoelastici
      3. Una deformazione che viene totalmente recuperata al termine della sollecitazione: materiali elastici.
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  • Viscosimetri – Scelta del viscosimetro

    Per viscosimetro si intende uno strumento adatto a misurare la viscosità dei fluidi.
    Ma quali fluidi?
    Dal punto di vista fisico/reologico, con un viscosimetro è possibile misurare solamente la viscosità di fluidi newtoniani.
    Gli altri prodotti, pseudoplastici e in particolare, plastici, non dovrebbero essere misurati con un viscosimetro, ma con un reometro. Questi prodotti infatti presentano una viscosità che diminuisce al variare della sollecitazione o addirittura (nel caso dei campioni plastici) presentano un limite di scorrimento.
    La misura delle proprietà reologiche di questi campioni è realizzabile solo con un reometro.

    Esistono vari tipi di viscosimetri, a tubo o capillare, a tazza, rotazionali, a vibrazione, di Hoeppler ecc.

    Ciascuno di questi viscosimetri è fornito di accessori che li rendono adatti per misurare prodotti a bassa oppure ad alta viscosità. Ad esempio i viscosimetri rotazionali utilizzano rotori di dimensioni diverse a seconda della viscosità del campione oppure, nel caso delle tazze viscosimetriche, ne esistono con fori di efflusso più o meno grandi.

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Wine & Beverage

  • Analisi densità dell’aceto con ALM-155

    ALM-155 è un densimetro a capillare oscillante di elevata precisione alla “portata di tutti”, indicato per l’analisi della densità negli aceti di vino o balsamici, glasse, vini e mosti.
    Previa distillazione del campione è inoltre possibile effettuare la misura del grado alcolico.

    Caratteristiche principali:

    • Analisi densità (massa volumica), densità 20/20 e grado alcolico secondo metodo ufficiale.
    • Risoluzione centesimale per l’alcol (conformità OIV)
    • Risoluzione quinta cifra decimale per densità relativa (20/20) e massa volumica
    • Termostatazione Peltier fissa a 20,00°C +/-0,03°C (Conformità OIV)
    • Uno o due punti di calibrazione a scelta (solo acqua oppure acqua e aria, conformità OIV)
    • Equipaggio di serie con pompa peristaltica per aspirazione campione e lavaggio a fine analisi.
    • Auto installante e facilissimo da usare, non necessita di manutenzione se non il lavaggio della cella a fine lavoro.
    • Espressione diretta del valore di densità anche in Brix, Babo e Baumè.

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  • So2 in Enologia

    Il gas di anidride solforosa emana un aroma acre e pungente che ricorda un fiammifero bruciato.
    Non è possibile fare vino senza la SO2 perché tutti i lieviti durante la fermentazione producono solfiti come intermedio metabolico nella riduzione dei solfati.
    I ceppi di lieviti si possono classificare in basso produttori di SO2 (e.g. Saccharomyces cerevisiae var. ellipsoideus) ed alto produttori (e.g. Saccharomyces bayanus Sacardo).
    Il consumatore è sempre più sensibile ai temi della sostenibilità e delle produzioni green; trend registrato da una forte crescita nel consumo di prodotti ”Bio”.
    Sono attualmente oggetto di studio numerose alternative all’impiego dell’anidride solforosa nei mosti e nei vini; tuttavia rimane il conservante più rappresentativo per il settore enologico.
    L’anidride solforosa ha diverse proprietà di interesse enologico:

    • è un antimicrobico: aiuta a prevenire lo sviluppo di microbi batterici ed inibisce i lieviti non selezionati
    • è un antiossidasico per la sua capacità di inibire l’imbrunimento enzimatico
    • è un antiossidante per la sua capacità di ridurre le ossidazioni di natura chimica delle sostanze fenoliche
    • aiuta a prevenire aromi e colore durante la conservazione per preservare le qualità e le caratteristiche del vino.
    • favorisce la torbidità favorendo la separazione delle sostanze fecciose in sospensione.

    Viene utilizzata durante tutte le fasi di produzione, dalla raccolta all’affinamento.
    E’ importante calcolare la giusta dose al momento giusto, per svolgere il compito desiderato senza eccessi e senza compromettere la qualità del vino

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Laboratorio

  • La Cappa chimica ad estrazione totale è un DPC (Dispositivo di Protezione Collettiva).

    E’ uno spazio di lavoro chiuso e ventilato con la funzione di contenere ed espellere vapori e particolato prodotti al suo interno. Chiuso ai lati e sul fondo, ha sul tetto un plenum per l’aspirazione ed espulsione dell’aria. Un’apertura a saliscendi frontale permette a l’utilizzatore le manipolazioni al suo interno.

    La cappa chimica deve essere progettata ed installata correttamente ed avere interventi di manutenzione per garantire la protezione per l’operatore.

    Le sostanze manipolate sono caratterizzate da potenziale pericolo. Infatti all’interno delle cappe si possono sviluppare atmosfere anche tossiche, infiammabili, o esplosive. La cappa, per tale motivo deve essere mantenuta perfettamente efficiente.

    La norma europea di riferimento per la costruzione, ed i test prestazionali, è la UNI EN 14175. La norma che regolamenta le prestazioni minime è la UNI TS 11710.

    Le Cappe devono possedere una certificazione di prodotto ed il marchio CE.

    La Cappa deve essere utilizzata in modo corretto:

    • Tutte le operazioni con prodotti chimici pericolosi devono essere compiute sotto cappa.
    • Prima di iniziare la lavorazione, accertarsi che la cappa sia in funzione.
    • La zona lavorativa e tutto il materiale nella cappa devono essere lontani dall’apertura frontale almeno 15-20 cm.
    • Alzare il frontale a massimo 40/50 cm di apertura durante il lavoro; non introdursi all’interno della cappa (es. con la testa) per nessun motivo. Ricordarsi che più il frontale è abbassato, meno il funzionamento della cappa risente di correnti spurie nella stanza
    • Mantenere pulito e ordinato il piano di lavoro dopo ogni lavorazione.
    • Tenere sotto cappa solo il materiale strettamente necessario all’attività: non usare la cappa come deposito. Non ostruire il passaggio dell’aria lungo il piano della cappa e, qualora sia necessario utilizzare attrezzature che ingombrano il piano, sollevarle almeno di 5 cm rispetto al piano stesso con dei tappi opportuni e tenerle distanziate anche dalle pareti. Tener conto in ogni caso che non vanno ostruite le feritoie di aspirazione della cappa.
    • Non utilizzare la cappa come mezzo per lo smaltimento dei reagenti mediante evaporazione forzata.
    • Quando la cappa non è in uso, spegnere l’aspirazione e chiudere il frontale.
    • Qualora si utilizzino nella cappa apparecchiature elettriche (che devono essere adatte ad atmosfera con pericolo d’incendio) ogni connessione elettrica deve essere esterna alla cappa.

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